L’OPERA DEL PITTORE ANTONIO MARTINOTTI (1908-1999)

                                     

Di tutti gli altri modi che i pittori faccino, il dipignere in muro è più maestrevole e bello, perchè consiste nel fare in ungiorno solo quello che nelli altri modi si può in molti ritoccare sopra il lavorato. Era dagli antichi molto usato il fresco,et i vecchi moderni ancora l'hanno poi seguitato. 

Vuole ancora una mano destra resoluta e veloce, ma sopra tutto un giudizio saldo et intero; perché i colori, mentreche il muro è molle, mostrano una cosa in un modo, che poi in secco non è più quella.E però bisogna che in questi egli abbia per guida sua una pratica più che grandissima, essendo sommamente difficile il condurlo a perfezione. 

Molti de' nostri artefici vagliono assai negl'altri lavori, cioè a olio o a tempera, e in questo poi non riescono, per essereegli veramente il più virile, più sicuro, più resoluto e durabile di tutti gli altri modi, e quello che, nello stare fatto, dicontinuo acquista di bellezza e di unione più degli altri infinitamente.                                                                               Giorgio Vasari 

 

Responsabilità dell'affresco: su strato                             

d'intonaco appena steso il pittore traccia

linee infallibili che non possono essere                             

corrette, rifatte, cancellate.                             

Se sbaglia deve disfare l'intonaco.                                             Erri de Luca 

                         

Antonio Martinotti autoritratto con cavallettoAntonio Martinotti è stato soprattutto pittore di grandi cicli figurativi di storie sacre in molte chiese lombarde. Chi voglia approfondire la conoscenza di queste sue opere resterà sorpreso ed affascinato dalla loro quantità e qualità.

E' stato forse l'ultimo o uno degli ultimi affreschisti di arte sacra, membro quindi una numerosa famiglia di pittori e di scuole che per secoli in Italia avevano dato forma ad inestimabili tesori.

Ogni persona che entri in una delle chiese dove Martinotti ha realizzato un ciclo completo di storie sacre inevitabilmente si troverà ad ammirare, con il primo colpo d'occhio generale, l'articolazione complessa dei dipinti in ogni settore della chiesa e poi, se avrà cura di esplorarne le varie parti, arriverà sicuramente di fronte a qualche dipinto murario che le strapperà più degli altri, per quanto siano tutti pregevoli, una espressione di meraviglia. Come, per fare solo alcuni esempi,  la Crocefissione nella chiesa di San Bartolomeo a Carugo o le storie di San Giorgio nella chiesa di Albairate o l'orto del Getzemani a Rescaldina.

Antonio Martinotti nacque a Pavia nel 1908.  A 10 anni si trasferì con la famiglia a Milano. A 17 anni entrò nella scuola d’arte sacra Beato Angelico. Appena diplomato vi viene trattenuto dalla stima e dalla fiducia del Fondatore, Mons. Arch. Giuseppe Polvara, come collaboratore ed insegnante.

Temperamento schivo e riservato, emotivo e sensibilissimo, dopo il curriculum di insegnamento, a contatto con gli allievi facendo scuola di ornato e figura e dando prova di conoscenze tecniche, di abilità compositiva, di gusto formale, trovò la sua definitiva vocazione all'arte sacra liturgica.

Ritratto Mila 1937(scomparso)Sposò nel 1934 l'allieva Mila Mattarelli, prima donna diplomata della scuola. che diventerà una delicata pittrice di Madonne.  Dalla loro unione nasceranno due figli.

Allora in arte non pareva necessario che occorresse qualcosa di più per dipingere le chiese che l'abilità del mestiere per assecondare le vaghe richieste di un buon parroco, magari di campagna, più esperto certamente di morale e di cure pastorali che di arte liturgica.

Martinotti veniva invece dalla scuola di un pioniere che formava gli artisti non solo con i canoni estetici e formali ma anche e soprattutto con la teologia, la Sacra Scrittura, lo studio critico dell'iconografia cristiana, la liturgia come visualizzazione del culto, la pratica integrale della fede come sorgente di ispirazione anche artistica. Ai suoi allievi Polvara si preoccupò di trasmettere una profonda sensibilità liturgica e quindi biblica e a spronarli a superare i limiti del vero naturalistico per una personale stilizzazione che giungesse a trasfigurare l'immagine realistica, rincorrendo in una dimensione spirituale la primitiva creazione che faceva trasparire il disegno divino: “E Dio vide-ripete la Bibbia-che ciò era buono”. La pittura diventa esplicitazione e commento alla preghiera liturgica e cioè preghiera rappresentata. Nelle realizzazioni dei maestri ed allievi della scuola il rapporto tra illustrazione e mistero liturgico sarà sempre più stretto.

L'artista nella visione di Polvara è: ”l'uomo benedetto che ha ricevuto da Natura il talento in modo eccelso e che lo sa usare con tutte le sue forze per potersi avvicinare al Creatore”. Per questo motivo lo scritto del Genesi è alla base delle sue meditazioni sull'estetica cristiana. L'artista e l'arte come lo sforzo di tornare alla bellezza originaria del Paradiso terrestre e al tentativo di ricongiungersi con il Padre. L'artista ha il grande compito come cultore del bello e del buono di ricreare piccole opere d'arte che ricordino il Paradiso perduto e che invoglino tutti coloro che le guardano a continuare la ricerca essendo da esse confortati sulla effettiva esistenza di qualcosa che in questo mondo non riusciamo più a scorgere.

Mons. Polvara, sacerdote ed artista, non lasciava passare nulla, assolutamente nulla ai suoi discepoli che volevano dipingere per la chiesa, senza il vaglio rigorosissimo di una critica totale che, in qualche momento, poteva sembrare soffocante; in realtà creava la scuola Beato Angelico, alla quale divenne obbligatorio, ad un certo momento, fare riferimento tra il clero, e non solo quello lombardo.

E Martinotti fu tra coloro che meglio compresero ed espressero la lezione del maestro, anche quando, dopo la guerra e la prigionia nel campo di concentramento in Germania, si staccò dalla scuola per lavorare in proprio.

Vale la pena soffermarsi a notare l'importanza e la difficoltà della grande pittura murale e dei cicli figurativi molto complessi e programmati. Occorreva comporre un piano generale a partire da una ipotesi di fondo che sapesse pre-vedere la realizzazione dell'opera nell'insieme degli spazi. Martinotti fu molto valido in questo, tanto che si è parlato di lui come pittore- architetto, perché nei cicli pittorici da lui realizzati I grandi affreschi si snodano scandendo armonicamente e ritmicamente gli spazi disponibili che ne risultano sottolineati e valorizzati.

Predisposto il piano generale, occorreva poi preparare i bozzetti dei vari settori e di ogni parte di questi. Il bozzetto piccolo richiede già le qualità dell'affreschista per essere realizzabile. E qui Martinotti è deliziosamente svelto malgrado l'apparente minuziosa elaborazione anche in piccolissime miniature. Ma quando si arriva al cartone, talvolta gigantesco, e soprattutto quando lo si riporta ad altezze vertiginose e quasi inaccessibili, per essere visto di scorcio e magari in condizioni di luce continuamente variabili, bisogna essere ben bravi per realizzare, adattare, modificare se è il caso, senza perdere lo slancio narrativo e la freschezza dell'invenzione. Di  questi cartoni ne sono rimasti molti, ben conservati.

In essi venivano tratteggiate a carboncino le figure in modo che la parte corrispondente al lavoro della giornata potesse essere trasportata sull'intonaco fresco con tecniche adeguate e così poter procedere alla composizione dell’affresco.

Le altezze inacessibili potevano essere raggiunte con i ponteggi che permettevano a Martinotti di collocarsi accanto ad ogni parte della chiesa che doveva essere dipinta. I ponteggi su cui ha lavorato per tanti anni erano probabilmente molto simili a quelli approntati per i pittori dei secoli passati, tutti in legno, anche le scale che collegavano i vari piani. Era facile allora che chi s'avventurava in visita all'artista, dovendo magari salire fino in cima, fosse preso da un certo senso di vertigine e d'insicurezza. Qualcuno scrisse descrivendo il lavoro di Martinotti a Rescaldina, certo esagerando ma dando l'idea: (il pittore) dipinge incessantemente centinaia e centinaia di metri quadri su impalcature vertiginose, si avvinghia alle pareti, s’intride di esse, si fa funambolo, alpinista, angelo, uccello di Dio. Il pezzo dà l'idea di come la pittura di questi grandi cicli di storie sacre era una vera e propria impresa artistica ma anche fisica, cioè qualcosa che richiedeva visione artistica, particolare destrezza nel tratto ( come è indicato nella citazione di Erri de Luca all'inizio ), resistenza alla fatica, ritmo serrato di lavoro ed anche una certa dose di agilità ed audacia. Tra le poche fotografie rimaste che ritraggono Martinotti durante i lavori, ce n'è una in cui appare la sua figura piccolissima in cima agli altissimi ponteggi verso la cupola e avvolto dalle grandi pareti concave dipinte.

Sul ritmo di lavoro c'è un simpatico racconto: ad eseguire alcune pitture nella chiesa parrocchiale di Premana, trent'anni prima di Martinotti, che vi operò nel 1967, c'era stato un pittore che dipingeva il mattino e il pomeriggio lo passava al bar a giocare a carte. Quando i vecchi videro che il nuovo pittore dipingeva tutto il giorno, ricordandosi del ritmo di lavoro dell'altro, andarono dal parroco perchè non capivano e gli chiesero: - Se i pittori lavorano mezza giornata, perchè mai lui lavora tutto il giorno?

Lo sviluppo in più quadri della narrazione esigeva una coerenza compositiva e stilistica  che solo un lunghissimo esercizio ed un temperamento particolare potevano rendere. La pittura di Martinotti era infatti caratterizzata da grande abilità nel disegno, dall’armonia delle tinte, dalla sapiente impostazione dei gruppi, dalla grande rapidità nell’esecuzione. La sveltezza non è solo esigenza dell'intonaco a fresco che asciuga rapidamente, ma anche di una unità stilistica rigorosamente richiesta dall'ambiente grandioso ed unito. La necessità di narrare eventi importanti della storia sacra fecero rifuggire Martinotti dal ricorrere a particolari riempitivi: il paesaggio, la scenografia, spesso con valore allusivo e simbolico, fu ridotta al minimo essenziale, in funzione rigorosa delle figure.

Il colore, ottenuto con sovrapposizioni e sfumature progressive, è armonico, tonale, dà unità e varietà alle composizioni senza mai rompere, anche quando il chiaroscuro fa sentire le sue esigenze.

Le figure sono profuse senza risparmio, spesso in funzione corale, sempre ben impiantate e nettamente stagliate, delicatamente o ruvidamente espressive.

Il racconto è evidente, immediatamente percebile: Martinotti è riuscito a raggiungere la creazione artistica intrecciando sapientemente la dimensione didascalica con quella meditativa. Ha fatto rivivere la Biblia Pauperum, la Bibbia dei Poveri, con il suo antico, nobile fasto.

Si ricorda volentieri davanti a questa pittura la stupenda definizione del Polvara: ”preghiera rappresentata”.


L'opera di Martinotti fu fecondissima. La sua attività di maestro pittore d’arte sacra muraria si svolse in due tempi. Nel primo tempo (1928-1945), come diretto collaboratore della Beato Angelico, dipinse molte chiese e tra queste le  parrocchiali di Bollate e Leggiuno, di S. Andrea e S. Maria Beltrade, a Milano, sono i cicli più vasti e completi.

NelbaraccaIMIinGermania nod settembre del 1943 fu deportato in Germania insieme a migliaia e migliaia di altri soldati italiani: dopo aver girato numerosi campi, alla fine  fu portato nel campo di Bochum Hiltrop, vicino a Dortmund. Complessivamente rimase due anni in campo di prigionia.  Rimpatriato nell'agosto del 1945, cominciò il secondo tempo della sua opera di arte sacra muraria(1945-1972) : in proprio, ma sempre coerente ai canoni della scuola, dipinse ad affresco ben sei grandi cicli figurativi nelle parrocchiali di Albairate, Rescaldina e Carugo, e, a Milano, nelle chiese di San Vito, dei Santi Nabore e Felice, dei  Santi Innocenti (Cappella della Clinica Mangiagalli ); realizzò molte altre opere che non sono minori, anche se non hanno richiesto il tempo e la applicazione dei grandi cicli completi: cappelle, battisteri, santuari, pale d'altare. Ha realizzato il ciclo della Via Crucis  5 volte ad affresco e 7 volte su tavola.

L'ultima opera realizzata furono i dipinti  in alcune pareti della parrocchia di Inzago nel 1972, eseguiti a tempera per contenere i costi. Nel 1980 infine, nella chiesa di San Bartolomeo a Carugo, ripassò completamente le sue pitture e ne aggiunse altre, essendosi liberate alcune pareti.

Dalla fine degli anni sessanta il lavoro nelle chiese diminuì grandemente, perché  l'architettura nuova era diventata sempre più inospitale per i grandi cicli figurativi, sia  abolendo la campata  e quindi gli ampi spazi ritmicamente ripetuti e le grandi absidi scenografiche, sia sostituendo al fresco intonaco i nuovi materiali di rivestimento.

E così la produzione da cavalletto, che era stata coltivata contemporaneamente ai grandi cicli decorativi nelle chiese, si intensificò dagli anni settanta e ottanta in poi.

Nella sua lunga vecchiaia il poter dipingere  molti quadri fino a  86 anni è stato sicuramente un elemento altamente salutare; poi la vista è scesa irremidiabilmente per una malattia agli occhi e Martinotti ha lasciato sul cavalletto l’ultima opera incompiuta, una Pesca miracolosa.

La produzione a cavalletto comprende molti dipinti di soggetto sacro, per lo più ad olio su masonite: Madonne con Bambino, di familiare ed umana espressività, rappresentazioni di Gesù alla porta, alcune veramente caratteristiche per la loro concretezza e potenza emotiva, altre per la loro dolcezza; e poi vari episodi dei Vangeli (a volte in numerose versioni e dimensioni): Natività, l’incontro di Emmaus, il Ritorno del figliol prodigo, le Nozze di Cana, Pietro che rinnega Gesù, l’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo, la Pesca miracolosa, la Resurrezione.

La sua pittura è robusta, corposa, lontana da ogni retorica e cerca di rendere vicina alla sensibilità contemporanea le tematiche dei testi sacri. A volte con amarezza critica, come quando ad osservare Giuda che bacia Gesù o ai piedi della Croce, troviamo rappresentati cardinali e uomini di chiesa.

Inoltre Martinotti ha realizzato molti dipinti con altri soggetti, caratterizzati da un sapiente uso del colore e da una piacevole capacità di robusta rappresentazione popolare delle figure umane. Ad olio: nature morte, fiori- spesso con esplosione di colori caldi-, ritratti, battaglie medievali; vi sono anche nudi di donna, in uno stile che tende alla spiritualizzazione della materia. Ed ancora: paesaggi urbani in cui si evidenziano i cambiamenti portati dall’industria negli anni ’50; rappresentazioni delle varie stagioni; animali  ( cavalli, tartarughe, gatti...); alcune scene della Divina Commedia( Dante nella selva, l’incontro con Paolo e Francesca); giovani innamorati al parco o persone in metropolitana.

Ad acquarello ha invece dipinto paesaggi di marine o dell’entroterra ligure nella zona da Varigotti, Finale Marina e Finale Borgo fino ad Alassio, in cui è riuscito a rendere la particolare luminosità e tonalità dei colori di quelle terre e di quel mare.

Varie sono le mostre collettive d’Arte Sacra cui partecipò (Roma, Milano, Brasile, Australia) fin dal 1930, alle quali vanno aggiunte molte personali e quelle allestite insieme alla moglie Mila Mattarelli.

E' anche importante ricordare quello che disse di lui don Marco Melzi: "Martinotti ha lungamente e saggiamente insegnato ai giovani. E non è il suo ultimo merito."

Molto interessanti, sia dal punto di vista artistico che storico, sono una ventina di  disegni a china, rappresentanti scene della vita di prigionia durante la deportazione in Germania, che riuscì a portare di nascosto in Italia. Di particolare forza evocativa è  la Madonna degli internati (IMI: internati militari italiani), in chine colorate, in cui la Madonna  accoglie sotto le sue braccia ed il suo mantello i soldati sofferenti per la prigionia. Da due dei disegni sono stati tratti successivamente dei quadri ad olio.

Ha ricevuto anche il diploma d'onore al combattente per la libertà d'Italia 1943-1945, come internato militare non collaborazionista.

E’ stato membro della Commissione Diocesana  di Milano per l’Arte Sacra  dal 1958 fino ai suoi ultimi anni.

La moglie Mila è morta nel 1985.

Antonio Martinotti è morto nel 1999, a 91 anni.






ANTONIO MARTINOTTI: ELENCO DEI DIPINTI MURALI

A) 1929 - 1945: DIPINTI MURALI A TEMPERA

1929 Cappella Famiglia Polvara - Cimitero di MALGRATE

1931 Mostra internazionale di Arte Sacra alla Permanente di Milano, piccola abside: Trasfigurazione

1932 *Collegio Arcivescovile di SARONNO, in varie riprese

      **Cappella Istituto dei Ciechi a CIVATE, abside

1933   Parrocchia di S. Maria Bertrade a MILANO, le due pareti

1934 *Parrocchia di S. Andrea a MILANO, l'abside

       **Seminario di CLUSONE, mosaico abside: Trasfigurazione

1935-36 *Parrocchia di TRAVERSETOLO (Parma), piccola abside

            *Parrocchia di LEGGIUNO, COMPLETA

        ***Cappella del Seminarietto a MILANO

1937-38-39 Parrocchia di BOLLATE, COMPLETA

1940 *Parrocchia di S.Maria Bertrade a MILANO, parete di fondo con processione

       **Cappella dell'ospedale di SOMMA LOMBARDO

1941 *Parrocchia di S.Teresa del Bambino Gesù a GORLA-MILANO, abside e arcone

      **Cappella della Madonna al Seminario di FANO

1942-45 Servizio militare e prigionia

1945 San Nabore e Felice a MILANO, cappella di Santa Rita, poi cancel­lata

B) 1946 - 1980: DIPINTI MURALI AD AFFRESCO

1946 Parrocchia di ALBAIRATE, fino al 1966 in varie riprese, COMPLETA

1948 Parrocchia di San Giuseppe dei Morenti, a CRESCENZAGO-MILANO, Via Crucis m. 2 3

1949-1950-51 Parrocchia di RESCALDINA, COMPLETA

1953 Cappella Clinica Mangiagalli a MILANO, in varie riprese, COMPLETA

1953-54-55 Parrocchia di Carugo, COMPLETA

1957 Parrocchia di San Vito a MILANO, in varie riprese

1958 Parrocchia di San Nabore e Felice a MILANO, fino al 1971, in va­rie riprese, COMPLETA

1958 *Cappella delle suore di CRENNA

      **Parrocchia della Sacra Famiglia a MILANO, mosaici

1960 Cappella del Preventorio di OLGIATE OLONA

1963  *Parrocchia di SOVICO, Cappella della Madonna

       **NOVATE, Cappella del nuovo Oratorio

     ***CARUGO Cappella del nuovo Oratorio

                       Piccola Chiesa di San Zeno

1967 Parrocchia di PREMANA, in parte

1971 Parrocchia di INZAGO, nuova abside e parete di fondo

1980 parrocchia di CARUGO, ripassata tutta la chiesa, aggiunte altre pitture per trasformazione pareti

Sottocategorie

In Commenti si trovano descrizioni, riflessioni, emozioni e pensieri suscitati da alcune opere di Antonio Martinotti.

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