Nei campi di concentramento le condizioni erano molto dure come viene mostrato in un libro molto documentato sugli internati militari italiani in Germania dal 1943 al 1945, di due storici, Avagliano e Palmieri: fame, freddo, sporcizia, umiliazioni, il lavoro pesante, il vuoto di lunghi giorni uguali a se stessi, una condizione di totale incertezza in cui la violenza è esercitata come sistema. Una vita bestiale insomma. Eppure la scelta della grande maggioranza dei 650.000 militari italiani fu il rifiuto di aderire alla Repubblica Sociale Italiana al prezzo di continuare la prigionia in quelle condizioni durissime. Una delle forme di resistenza contro questa sistema organizzato per fiaccare energie e volontà furono iniziative culturali e ricreative: concerti, rappresentazioni teatrali, conferenze, lezioni; in molti campi nasce il giornale parlato, letto di baracca in baracca per far circolare notizie sull'andamento della guerra. E' in questo contesto che si può comprendere la possibilità per Martinotti di riuscire a disegnare alcune scene della vita nel campo e alcuni ritratti di prigionieri.


ALCUNI RICORDI DELLA VITA DI PRIGIONIA

L'8 settembre mio padre apprese l'annuncio dell'armistizio con gli americani nel pomeriggio tardi in un cinema dove era andato con un altro soldato: ci fu grande entusiasmo, tutti credevano che la guerra fosse finita. Pochi giorni dopo sarà preso prigioniero insieme a quelli della sua caserma,  Da una porta dove tentarono d’uscire furono bloccati dal loro maggiore che li minacciava con una pistola. Cercarono di andarsene da un’altra porta, dopo aver attraversato una casa, ma quando cominciarono ad uscire, si trovarono di fronte una sentinella tedesca. Chi poteva aver avvertito i tedeschi se non il maggiore?

Girava la voce che li avrebbero portati a ricostruire l’esercito in Trentino ma poi non se ne fece niente e furono trasportati in Germania in treno, su un carro bestiame. Il viaggio durò dieci giorni.

Mio padre il 9 settembre è preso prigioniero dai tedeschi e il 12 è deportato in Germania. Non si sa più nulla di lui fino all’anno seguente. Potrà scrivere solo a gennaio.

Durante il viaggio, c’erano delle reclute che avevano con sé i vestiti civili, per cui alle stazioni tentavano di dileguarsi e alcuni ci riuscirono. Quando i tedeschi se ne accorsero, presero per strada alcuni giovani che stavano camminando e li misero sul treno. Così alcuni operai si trovarono deportati in Germania e il più giovane, di 17 anni, morì dopo poco tempo, non riuscendo a sopravvivere agli stenti.

Furono deportati prima a Nuova Stettino, ora in Polonia, dove c’era un grande campo di concentramento in cui trovarono alcuni russi che si diceva fossero i superstiti di 10.000 russi sterminati dai nazisti. Stettero lì per circa due mesi. Erano in lunghe baracche, non facevano niente tutto il giorno. Però non si poteva neanche scrivere. Chi voleva poteva aiutare a fare i lavori agricoli. Era così faticoso stare chinati tutto il giorno per raccogliere le patate che alla fine non si aveva neanche più voglia di mangiare.

Passarono poi per diversi luoghi di prigionia ed infine si stabilirono alla Pasman Shurer, la scuola di Pasman nei pressi di Bochum, nella Ruhr, vicino a Dortmund ed Essen. Lì erano in 300. A gennaio del 1944, mio padre potrà scrivere la prima lettera a casa.

Per quattro mesi fu il comandante, doveva cioè al mattino dire quanti avrebbero lavorato fuori, quanti per servizi interni, quanti erano ammalati. Sembrava semplice ma era difficilissimo perché non erano pochi quelli che cercavano di fare i furbi. Lì erano tutti soldati. Gli ufficiali erano da un’altra parte, tutti insieme e non potevano lavorare, per cui per loro era più difficile far passare il tempo.

Il problema principale era la denutrizione. Soprattutto i primi tempi era stato terribile per i più giovani, quelli di vent'anni, le loro facce si erano riempite di borse, come quelle dei sette nani, ed andavano in giro con le loro foto dicendo :- Guarda come ero-. Ci si gonfiava per la denutrizione. Nelle docce si vedevano le persone che non avevano più natiche. Magari gambe gonfie e  natiche scomparse. Anche mio padre una volta si tirò giù i pantaloni e vide le gambe gonfie. Pensò :-Accidenti, ci siamo-. Ma dopo due giorni ritornò tutto normale. All'inizio si era abbattuto: mangiare, lavorare ,dormire-mangiare, lavorare, dormire...non si lavò per tutta una settimana, poi cominciò a riprendersi.

A Bochum c’era un professore, di confessione cattolica, che aveva l’incarico di vedere che i prigionieri non rovinassero la scuola. Un giorno mio padre ha riordinato con lui uno stanzone dove erano stati portati tutti i materiali della scuola, fecero amicizia e così quando i  prigionieri italiani sono diventati lavoratori liberi ed hanno avuto il permesso di uscire la sera e di entrare a Bochum, lo invitò a casa sua dove c’era la moglie  e tre figlie: tutti i fidanzati delle figlie erano prigionieri degli alleati.

Mio padre fece vari tipi di lavori : dal trasportare sacchi di cemento di 50 chili sulle spalle al becchino: mettere nella cassa i morti, verniciare di marrone la cassa. Il più duro fu trasportare i fili di cemento : erano lunghe sbarre di ferro che ondulavano per cui era faticosissimo trasportarle. Quello fece anche il 17 febbraio del 1944, il decimo anniversario di matrimonio ; la fatica era insopportabile, perché oltre tutto nevicava, fu l'unica volta che pianse.

I comandanti del campo di concentramento erano polacchi, francesi, belgi, solo più tardi arrivarono due comandanti tedeschi, uno per il lavoro, uno per la disciplina. Quello per la disciplina si faceva fare i ritratti a lui e alla moglie, mentre quello del lavoro diceva che non voleva niente da uno sotto di lui ; era ancora convinto della vittoria quando stavano chiaramente perdendo ; non voleva concedere una Messa, perché la volontà del Furher, non quella di Cristo era la vera. Gli dicevano :-Va maluccio, vero ? Lui rispondeva che non c'era problema, c'erano nuove armi, i V2.

Il capo polacco era un aguzzino tipico, tanto che, quando sono stati liberati, alcuni l’hanno cercato per vendicarsi. Un giorno mio padre entra nel suo ufficio e vede tutto sottosopra e il polacco in piedi su un tavolo che urla :- Topo ! topo!

Gli americani quando arrivarono nel campo, trovarono gli italiani affamati, non diedero da mangiare, ma arrivò un'orchestra che suonò musica classica.



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